18 novembre 2018 ore 17:00 - Teatro Remigio Paone, Formia
Teatro Eidos, Benevento
Recensire uno spettacolo di teatro per ragazzi richiede sempre una certa dose di 'delicatezza'. Occorre guardare lo spettacolo con almeno quattro occhi di cui due sono quelli del bambino che ancora è in noi (o, perlomeno, così si spera) e gli altri due sono quelli del critico che ha alle spalle studi, riflessioni, pensieri formulati in maniera non accidentale nel corso di lunghi anni di lavoro.
Occorre poi che il bambino chiuda uno dei suoi occhi per perdonare, nello spettacolo, tutto ciò che sia altro dal puro divertimento e dalla sua fame di paese dei balocchi. Come occorre che anche il critico chiuda un occhio di fronte alle ingenuità (che sono un bisogno del pubblico di riferimento) e ai salti repentini (che sono un modo per tenere banco verso chi è troppo abituato allo zapping televisivo).
Al netto, quindi, scrivere di uno spettacolo di teatro per ragazzi richiede sempre due occhi. Ma, di questi, uno è chiaro e l'altro è scuro.
Non si cada, comunque, nell'esemplificazione che vorrebbe che, se uno spettacolo è piaciuto ai ragazzi, allora è buon teatro per ragazzi, perché non si deve mai dimenticare che un bambino, lasciato solo a decidere per sé, mangerebbe solo al McDonald's e morirebbe d'infarto a neanche quindici anni perché, oltre che con le arterie ostruite, è stato obbligato a vivere col fatto che nessuno gli ha insegnato come gestire le emozioni che gli passano vicino.
Premesse, queste, necessarie quando ci si accosta a uno spettacolo come
La cicala e la formica del Teatro Eidos di Benevento che è un signor spettacolo, a tratti divertente, ma non sempre pienamente riuscito, soprattutto per quell'occhio adulto che si fa triste quando il suo collega bambino invece sembra divertirsi un mondo.
La cicala e la formica è prima di tutto uno spettacolo di maschere. Il che vuol dire che è là che si deve cercare la sua ragion d'essere e la sua poesia. In barba al titolo, di maschere, in questa produzione beneventina, ce ne sono tante. Ci sono il leone e il topolino, la tartaruga e il leprotto piedelesto, il corvo mangia formaggio e la volpe astuta. Un tripudio di personaggi per un continuo gioco a due tra scaltrezza e ingenuità, tra bontà e malizia, tra istintività e raziocinio. Vi si aggiunga tra maschile e femminile e si colma la misura del gioco e del divertimento. L'intero spettacolo si fonda sulla successione di brevi favole che sono anche sketch veloci in cui non sembra che un personaggio (o una storia) conti davvero più dell'altro. Al che viene di chiedersi (per l'occhio maggiormente rabbuiato che guarda lo spettacolo) perché intitolarlo solo
La cicala e la formica, dal momento che la loro è appena una storia tra le tante. E non giunge in soccorso il fatto che, a fine spettacolo, siano solo questi due personaggi a ripresentarsi alla ribalta per un ultimo scambio di battute, perché in fondo, quest'ultima scenetta non aggiunge niente a quanto già raccontato: nel freddo inverno la cicala continua a chiedere aiuto e la formica a rispondere di no. E poco importa che il loro ritorno avesse ben fatto sperare nella possibilità di una chiusa positiva, pur nell'infrazione nei confronti della pagina scritta, rispettata invece alla lettera con divertita condiscendenza.
Dicevamo, comunque, delle maschere. E non si può negare che siano belle. Agevoli al gesto scenico, impostate su un modello iconografico riconoscibilissimo, ma senza perdere per questo la strada verso una propria originalità, restituiscono i tratti salienti dei personaggi anche grazie alla bravura degli interpreti che sanno ben differenziare una volpe da un leone e un topino di città da uno di campagna. Qualche dubbio giunge, semmai, sulla partitura sonora che, fondata com'è su un gioco di percussioni, chiederebbe forse una maggiore precisione dei gesti perché cadano sempre a tempo senza dare con questo un'impressione di meccanicità. E in questo non tutti i quadri sono riusciti con lo stesso nitore e la stessa efficacia anche se l'insieme risulta godibilissimo sempre.
Se c'è un incaglio in
La cicala e la formica esso non è certo nella successione delle storie e nella giocosità dell'intreccio, quanto nell'episodio che fa da cornice che mette in scena un autore con tanto di librone e penna che, davanti agli occhi divertiti del pubblico, scrive queste storie e dà loro vita sotto i nostri occhi. Avrebbe dovuto essere semplicemente un Jean de La Fontaine, ma si è preferito fare di lui un novello Prospero che attende gli passi, davanti all'isola su cui è naufragato, un nemico con cui lo aspetta una resa dei conti che non vedremo mai e di cui, in fondo, poco interessa anche al pubblico in sala. Ecco, a dirla proprio tutta, l'occhio adulto e critico non può non lamentare come questa cornice un poco ecceda alla bisogna. Dice troppo per essere un mero collante tra una storia e l'altra e troppo poco per assumere la dimensione di un'altra storia in mezzo alle altre.
Al di là di questo, comunque,
La cicala e la formica resta davvero uno spettacolo degno di nota, capace di tirar via più di qualche sporadico sorriso e di lasciare anche i più piccini con qualcosa a cui pensare.