Drammaturgia: Alessandro Izzi
con Maurizio Stammati e Marian Serban, Petrika Namol, Mitika Namol
Regia: Maurizio Stammati
una produzione Teatro Bertolt Brecht
Breve sinossi
La storia del grande Manush, il saggio buffone che sa rispondere a tutte le domande del
mondo, obbligato a montare il tendone del suo circo nell'orrore di Auschwitz. Un viaggio
nella musica e nella cultura rom, alla riscoperta della magia degli spettacoli di un tempo,
tra gioia di vivere e la difficoltà di confrontarsi con il pregiudizio, alla scoperta del
Porrajmos, l'Olocausto zingaro, una delle pagine meno conosciute della nostra storia
recente!
Storia di un percorso
Zingari Lager nasce prima di tutto dall'incontro tra il collettivo teatrale Bertolt Brecht e il
gruppo di musicisti composto da Marian Serban, Petrika Namol, Mitika Namol. La
drammaturgia dello spettacolo si costruisce intorno a loro e al corpo e al gesto di attore di
Maurizio Stammati.
Nasce, lo spettacolo, nonostante la difficoltà di un argomento come quello del
Porrajmos,
cui i nostri libri di Storia dedicano poche righe, per lo più occupate da cifre: 500.000 rom e
sinti sterminati nelle camere a gas. Ma la questione zingara era problematica in tutta
Europa e anche l'Italia cominciò a risolverla con la segregazione da molto prima delle leggi
razziali del 1938.
La prima difficoltà nello stendere un testo sulla questione sta tutta nella scarsità relativa
del materiale bibliografico a monte. Rispetto alla
Shoah, argomento che vanta ormai una
bibliografia sterminata, gli scritti sul
Porrajmos si contano sulle dita di una mano. Una
scarsità che deriva principalmente dal fatto che la cultura zingara è una cultura
prevalentemente orale.
Solo negli ultimi dieci anni un'attenzione crescente ha portato alla creazione di un sito web
(
www.porrajimos.it) che contiene molti documenti anche di rilevante importanza e alcune testimonianze filmate che raccontano in maniera più o meno diretta l'orrore delle
deportazioni e la partecipazione dell'Italia al cono d'ombra dello sterminio zingaro.
Zingari Lager, che pure è una fantasia teatrale che, nei limiti del possibile cerca toni lievi
e l'allegria della musica zingara (che costituisce parte integrante della sua spina dorsale),
attinge a queste e ad altre testimonianze reinventandole in una chiave fantastica capace
di entrare in sintonia anche con le esigenze di un pubblico scolare dai dieci anni in su.
Per questo gran parte dello spettacolo è dedicato al tema del circo, della musica, dello
spettacolo, realtà, queste, nelle quali gli zingari ebbero modo di esercitare la propria arte
ed esprimere la propria personale visione del mondo. Una visione libera, viaggiatrice,
scevra da ogni concetto nazionale di confini o limiti.
Il circo è la magia del mondo zingaro e la musica il linguaggio della sua straordinaria
universalità ed è per questo che circo e musica aprono e chiudono lo spettacolo
all'insegna dello sberleffo, della fantasia, della gioia di vivere, mentre il campo di sterminio
(raccontato all'interno di un altro racconto come già avveniva in
La valigia dei destini
incrociati, spettacolo con cui
Zingari Lager ha molti punti di contatto) è solo la parentesi
dolorosa del racconto di un mondo alla rovescia, un circo dell'orrore dove le giostre si
ribaltano in un doppio mostruoso.
Così e solo così un circense può trovare le parole per raccontare l'inenarrabile.
Al centro Manush (nome non casualmente così vicino al tedesco
Mann - uomo), il saggio
folle, il pagliaccio che ridendo riesce a dire le più grandi verità, anche se fanno male,
portavoce di un laico inno alla tolleranza e al rispetto reciproco.
Ma al centro anche l'indifferenza con la quale guardiamo al mondo, senza renderci conto
di come il nostro non prendere posizione si trasformi troppo spesso in complicità.
Nella speranza che ricordare aiuti a far sì che tali mostruosità non siano più.
MAI PIÙ!