DIARIO DA NAIROBI

16 SETTEMBRE

Nairobi. Quando il pick up guidato da Benno, alle 4 del mattino, dopo aver attraversato un po' di città, svolta a destra ed imboocca uno stradone sterrato, infinito e fatto di buche e dossi, capisci subito che stai per lasciare le tue certezze di occidentale e stai entrando nell'Africa Nera. È come scendere dentro un esofago profondo, sarà il nero della notte, sarà lo shakeraggio dovuto alle buche, sarà che qui la guida è a sinistra, niente ti sembra come sai che sia.
Arriviamo e dopo qualche scampanellata, un paio di fischi, qualche nome urlato, si apre un cancellone verde e siamo nell'oasi che ci accoglierà. Tutto sa di terra, profuma di foresta, tutto odora di rami... il tempo di aprire la camera, tuffarci nella brandina e siamo nelle braccia di Morfeo.
Il risveglio è tra il vociare di bambini che giocano, ci metto un po' a capire dove sono, la brandina si ripiega su me stesso formando una specie di guscio che impiego un po' a bucare per uscire dal torpore che mi avvolge. L'Africa è fatta apposta per sgretolare i luoghi comuni che si acquisiscono negli anni. Ma chi me lo doveva dire che dopo una estate passata a casa in Italia,a combattere con il caldo torrido e l'arsura data dalla siccità, dovevo venire in Africa per avere freddo la notte e stare con la copertina e trovare docce sempre pronte?!... Oddio l'acqua è fredda che prima di mettere una gamba sotto la doccia la pelle si ritira come una risacca...
Uscendo dalla camera trovo bambini che giocano alle biglie, proprio a "ciccimbuca" il mio gioco preferito, saluti e sorrisi a non finire, le prime risate alle facce buffe. Il centro ha camere per dormire per gli ospiti, cucina, sala mensa, una cucina per gli ospiti, un bellissimo salone per le attività, una cappella e tanta terra e foresta intorno. Ospita una trentina di ragazzi dai 7 ai 17 anni.
L'arrivo di padre Kizito è preannunciato dall'abbaiare dei cani. È una nuvola bianca Padre Kizito, due occhioni azzurri che sembrano bagnarti di tutta la vita che ha vissuto. Parla piano Padre Kizito ed ascoltarlo è come salire su di una canoa e navigare lungo un fiume di vita vera, di immagini, aneddoti, conquiste e sconfitte, non finiresti mai di ascoltarlo. Ci prende e ci porta con il suo pick up sul terreno che hanno acqustato... e poco a poco comincio a capire davanti a chi mi trovo... un gigante, ma non di quelli fatti di spalle enormi e gambe lunghissime, no, è fatto tutto di sogni ed idee, fatto di pensieri, di soluzioni, di intuizioni. Un connubio perfetto di sogni e realtà. Ha comprato terra, tanta terra, più che ha potuto, quando tutti lo prendevano per matto, in posti diversi di Nairobi, e poco a poco, piano piano, ha cominciato a fare pozzi, poi a costruire alloggi, poi ad irrigare i campi, a mettere su coltivazioni e serre, poi a fare una scuola, poi un ostello, poi un ristorante, tutto gestito e lavorato dai ragazzi di qui, quelli che ha formato in questi anni.
Qui il tempo dura di più, hai sempre la sensazione che ne sia trascorso più di quello che in realtà è. Tutto è più denso, le giornate sono lunghissime e piene di cose e anche quando sembra non sia accaduto nulla ne hai passate di tutti i colori, ma davvero tutti, dal bianco della luce al nero della notte.
È solo un giorno che siamo qui e già mi sembra die esserci da sempre.

17 SETTEMBRE

È domenica e ci aspettano la prima messa e il primo spettacolo, ci portano attraversando stradoni di fango e buche, baracche e panni stesi, donne con vestiti coloratissimi e acconciature spaziali. La chiesa di Santa Monica è fatta di lamiera ed è circondata da altre chiese di altre religioni o sette, è domenica ed ognuno prega il suo Dio, tanta gente che esce dalla chiesa nostra e padre Angelo, che la tiene come un fiore, ci accoglie con un bel sorriso... prendete posto avanti per la prossima funzione, sembrava più l'invito per la partecipazione ad uno spettacolo che ad una funzione religiosa. Infatti, appena inizia, un coro formato da uomini e donne che occupavano un quarto della chiesa comincia a cantare e subito un corteo fatto di bambini, dai piccoli agli adolescenti, seguiti da alcuni adulti con tanto di fascia colorata a danare... che gioia, che festa e che allegria, sembrava davvero uno show ma per la vita!!
Si mangia tutti insieme, il riso è la base per tutto e poi carne, quando c'è, e verdura... tanta !!
Pomeriggio, primo spettacolo e grande attesa, prendono e rivoltano la chiesa che diventa teatro, si spostano le panche e si fa la pista per gli attori, iniziamo. I suoni, le parole, i gesti, i numeri, i sorrisi, le risate, gli applausi, cento, mille occhi a scavare nei nostri volti, nelle nostre azioni, nei nostri suoni, semplici i numeri ed i giochi ma sufficienti a suscitare stupore, calore, amore.
Sembrerebbe finita qui ma invece tutti al centro Shalom di Padre Kizito e lì lo stupore ci prende a noi, una sorta di collegio con tanto di ostello, scuola, bar, ristorante, parco, mensa per i ragazzi nel centro di Nairobi che per arrivarci devi fare una fila in macchina che nemmeno la Cristoforo Colombo a Roma alle 8 del mattino... e poi un dedalo di strade e traverse sterrate che non mancano mai!
A sera si torna ormai distrutti, sembra mezzanotte ma sono solo le 21.00. Ci accoglie la pioggia, forte,tanta, che fa saltare la corrente e tutti al buio con le candele e per strada c'è tantissima gente che cammina tra le botteghe di questo surreale centro commerciale immenso, fatto di lamiere, braci accese e moto.
La notte qui è più notte e l'anima mia prova a nascondersi per non aver paura e un poco trema, non perchè si senta minacciata ma perchè non sa più come si fa a non aver paura del buio, delle ombre con le candele che tremano, delle mani dei bambini nei piatti per mangiare riso e fagioli... e non si spreca nemmeno un chicco!

18 SETTEMBRE

il giorno scorre lento e denso e ad aspettarci ci sono un mucchio di sorprese come sempre questa terra ti riserva. Oggi spettacolo in una scuola dove arriviamo dopo una breve ma intensa schakerata. Sbircio dal pick up che ci accompagna in un cratere al ciglio della strada e mi si apre un mondo impossibile, una cava di pietra dove decine di uomini tagliano e sagomano migliaia di pietre trasformandole in mattoni. Mi ricorda una immagine di Salgado ed il suo meraviglioso docufilm IL SALE DELLA TERRA... mi riprometto nei prossimi giorni di farmici accompagnare. Ecco la scuola, ecco le sorprese, continuare... ad attenderci è ancora Padre Kizito con il suo sorriso che è carezza del cuore e si apre un lungo racconto che attraversa tutta la sua esperienza in Africa, una lezione di vita da non dimenticare. Ed ora tutti allo spettacole e la sorpresa più grande è lì ad aspettarci, dentro un campo di calcio fatto di terra rossa e colline come spalti... centinaia di bambini e ragazzi ad aspettarci dappertutto, sistemati sopra le cime degli alberi i più temerari e tutti gli altri in ordine serrato sui lati. Un colpo d'occhio mai visto, indimenticabile. Applausi, risate, sorprese per una giostra di emozioni che sembra non voler finire mai, non senti il caldo, non senti la fatica, il loro stupore è alito che soffia e sostiene l'aquilone delle nostre energie.

19 SETTEMBRE

Scendere nelle viscere della terra e restarne trafitto. Appuntamento in uno dei centri di padre Kizito, in realtà il primo per ordine della fondazione. Siamo nella seconda più grande baraccopoli africana, KIBERA, 2 milioni di persone sistemati in baracche di lamiera e terra rossa, una visione da far parlare chiunque, ma il pick up di padre Kizito va avanti e noi sempre più ammutoliti, la strada è terra e fango e buche e dossi e acquitrini e putrido fetore e profumo di terra lercia di sterco. Più si entra dentro e più ti senti scivolare in un formicaio impazzito... uomini, donne, per lo più giovani, e migliaia di bambini dappertutto, baracche che si stringono tra loro un po' come nei nostri paesi medievali arroccati, solo che qui non son di pietra ma di lamiera bronzea arrugginita, centinaia di infiniti vicoletti strettissimi si diramano in tutte le direzioni come raggi sparati da un sole senza luce. è quasi impossibile respirare per timore di essere osservati, di apparire come ladri di una intimità dove il pudore ti impedisce di guardare per non oltraggiare chi è costretto a vivere così.

DIARIO DA NAIROBI

Arriviamo al centro di padre Kizito e lì subito la felicità dei bambini ospitati ci travolge di baci, carezze, risate, parte subito il ..."o mamma mamma mamma ..", il nostro inno e tutti in un girotondo sfrenato a ricordarci che sempre si può essere felici se c'è un bambino a prenderti per mano !! Proprio per mano ci prendono per farci visitare quella città di ferro e fango, carne umana e piscio di vacca dalla quale loro sono stati salvati. Ci scortano circondandoci, facendo capire a tutti che noi siamo con loro, per loro, come loro, che nessuno ci tocchi, mai scorta è stata più forte e impenetrabile di questa, ci portano per mano nell'inferno dei viventi, quell'inferno che fa gli uomini ricchi e gli uomini poveri e poi quelli che non hanno nemmeno la povertà, non hanno niente.

Quei bambini che ci sorridono e ci proteggono sono bambini che hanno patito abbandoni, botte, privazioni come cani randagi lasciati a sopravvivere tra i cumuli del nulla delle nostre belle società, sono eroi questi bambini e non lo sanno, sono giganti dell'umanità e sono lì a ridere con me sui mie capelli, sulle mie smorfie, sulle buffe risate di Andrea, le clave di Giovanni, il Ciuccio di Paolo e Annachiara, la anara di Simona.

Lo spettacolo nella piazzetta ricavata tra le baracche fuori il centro di padre Kizito è di quelli che ricorderai per tutta la vita, il nostro corteo in parata con i 30 ragazzi del centro festanti da farci da apripista e poi mano a mano che si inizia è un continuo arrivare bambini nelle varie divise delle scuole del quartiere, è festa grande per loro, anche i motociclisti (tutto si trasporta con le moto, dai divani ai ferri per costruire palazzi!!).

DIARIO DA NAIROBI

È un godimento dell'anima, quella pulita che se cerchi bene sta dentro ognuno di noi, quei sorrisi, quelle smorfie, quel danzare sulle note strampalate di un organetto che giusto qui in Kenya non avevano mai ascoltato, devo apparire per loro il più grande virtuoso dello strumento mai visto, per riparare questo inganno dovrò far venire presto qui Ambrogio e la sua orchestra ma comunque sia per questi occhi color della vita e questi sorrisi color del mondo, il meglio sono io e me la godo!!!!

Torniamo ed ora tocca al primo incotro del laboratorio, la paura di non riuscire ti prende sempre prima di iniziare ma quella passa al primo sguardo incuriosito, si può fare, si può fare ...il gruppo c'è e poi loro sono acrobati per davvero mica a chiacchiere ..ma questa è un'altra storia da raccontare di questa Africa che ti entra come un colpo di fucile, ti sconguassa i pensieri e pure le parole e ti lascia lì un po intontito a fare i conti con te stesso, a camminare tra le strade terra e fango con il tuo sorriso ebete di chi pensava di aver capito tutto ed invece non aveva capito prioprio niente.


20 SETTEMBRE

Inizia presto il giorno qui, già alle 4.30 i ragazzi sono tutti svegli, c'è da spazzare, lavarsi, preparare la colazione e mettersi in cammino per andare a scuola, anche 2 ore di strada per arrivare in tempo, e subito mi salgono alla mente i fiumi di macchine dei papà e delle mamme nostrane che devono portarli in auto sin dentro l'aula i propri figli. Quando è la foresta che si risveglia ne senti la forza, quando ti svegli che intorno è ancora notte è come affacciarsi sull'orlo di un pozzo dove cerchi di specchiarti ma non ci riesci, più che vedere la tua immagine o il suo riflesso, ne senti l'eco in lontananza come una brezza leggera che ti avvolge, la voce dei sogni viene a soffiarti tra i capelli ed a volte è piacevole ed a volte ti spaventa.


Oggi anche Vasco Rossi avrebbe avuto un brivido. Quando varchiamo il cancello della scuola per lo spettacolo in programma ancora eravamo ignari di quello che ci aspettava nel cortile interno. Scendiamo dai pick up, prendiamo costumi e strumenti, il tempo di incontrare il preside della scuola per decidere il da fare, pronti si comincia .... e davanti a noi appare una platea sconfinata di bambini, oltre 1700, stipati in piedi nel cortile interno della scuola, un delirio di emozioni, occhioni neri color del mondo, mani, voci che ci aspettavano nemmeno fossimo i Pink Floyd. Come palco il basamento di cemento della bandiera nazionale.

DIARIO DA NAIROBI

L'eccitazione è talmente alta che dobbiamo far placare la platea dagli insegnanti che brandiscono le loro bacchette variopinte e riportano la calma, un'onda di corpi ci accoglie, Pulcinella prende subito l'attenzione e giù mazzate e risate, rincorse e pernacchie, in una giostra che li fa volare alti i sorrisi di questa folla d'ebano che sembra scolpita, meraviglia di un incanto che solo il teatro sa regalare. La sequenza va dritta giù fino alla fine quando Martin, l'ultimo della compagnia ad essere arrivato, prende la torcia e sputa il fuoco... un 'ohhhh' gigantesco ci travolge come un tuono aspirato, una ola di stupore e meraviglia. Ce ne andiamo quasi in silenzio, un po' storditi da tanta forza ed energia tutta insieme, tutta rivolta ad assorbire i suoni, le parole, gli sputi di fuoco e le pernacchie di questa compagnia di teatranti senza confini e con gli occhi spalancati su questo mondo variopinto.

DIARIO DA NAIROBI

'La scuola qui chi la vuole se la paga, ricco o povero che sei, dai 20 ai 100 euro al mese che, considerando i 70 euro al mese che guadagna chi un lavoro ce l'ha, non è poco', ci racconta Claudia che da anni viene qui a far volontariato. Questi i prezzi della scuola statale, le private sono inavvicinabili. In che strano mondo viviamo dove tutti in Europa si sbracciano a cercare soluzioni per il continente africano e nessuno si preoccupa di ascoltare chi da anni soluzioni le trova tutti i giorni. Padre Kizito nei suoi centri dà da vivere, sostiene ed ospita 180 bambini che frequentano le scuole primarie, 120 che frequentano le scuole superiori e 50 che vanno all'università, coltivano campi che danno da lavorare a decine di persone, con il raccolto sostiene i sui centri, ha creato una scuola di informatica, un ostello, due ristoranti. Tutto questo realizzato con bambini per la stragrande maggioranza abbandonati, considerati rifiuti, scarti inutili, pezzi da dimenticare ed ora noi vediamo alcuni di loro dirigere i centri, essere punto di riferimento per i tanti bambini da strappare all'abbandono ed alla morte.

Più si fa notte e piu le strade di Nairobi somigliano a lunghissime lingue rosse e noi tutti pronti ad essere ingoiati dalla notte africana, a proteggerci ci penseranno i sogni dei bambini che hanno soffiato meraviglia verso questi acrobati del nulla aggrappati alle stelle per non cadere nell'inferno dei viventi e farci diventare come lui.


21 SETTEMBRE

Allenato da tre mesi di siccità italiana mi trovo a perfetto agio tra pentole di acqua riscaldata, pentolini e docce artigianali.Quando noi facciamo colazione i bambini del centro sono fuori per strada e a scuola da tre ore. Non è facile essere bambini qui a Nairobi, i più fortunati vanno a scuola e sono in 60 per classe, la classe si paga e si paga anche il banco, non ci sono merendine e popcorn ma sempre e comunque riso e verdura, riso e fagioli a pranzo e a cena e se non puoi pagare la mensa te li porti.

DIARIO DA NAIROBI

Lo spettacolo di oggi era in un centro piccolo e accogliente, bambini e adolescenti, le loro camerette stipate di letti a castello sono un misto di accogliente commozione e intima fratellanza, non puoi fare a meno di pensare all'inferno da dove vengono e quanto deve apparire rassicurante un posto come quello, forse per questo non li senti mai urlare, sono sempre con il sorriso, si rincorrono e si abbracciano. Ognuno di loro provvede a pulire, a lavare i piatti e, se sono in grado, a cucinare. Autonomia è la parola d'ordine, devono fare in fretta a riconquistare terreno e autostima, quando non hai una madre e un padre che ti accarezzano la sera per addormentarti devi prendere stima di te attraverso quello che fai.

Si racconta tra chi non si accontenta, che il mondo di fuori, quello che frequenti, è lo specchio di quello che ti abita dentro, provo continuamente ad affacciarmi al davanzale della mia coscienza nel tentativo di scorgere un parallelo immaginario di questa vita che qui in Africa mi impregna, come faceva il kerosene alle stufe di una volta, per accendermi di curiosità, di stupore, di malinconica meraviglia e riesco solo ad andare all'indietro, alle tracce di memoria, alle impronte lasciatemi da una infanzia sicuramente più protetta di questa africana, ma ancora con tracce simili, le strade sterrate, la vita nei cortili liberi a ruzzolare, gli animali da cortile, gli asini e i carretti, qui ritrovo quei sapori, colori, odori che sono stati artefici delle mie scelte, quelle fatte e quelle fuggite.

A tavola si combatte con la morte, diceva nonna mia, qui invece si sta in silenzio e non si beve, si non si beve niente, né vino né acqua, non portano mai da bere, se vuoi lo fai dopo, per conto tuo come un fatto privato. Padre Kizito, come un'ombra ci segue, discreto, appare a spettacolo iniziato, e lo vedi lì a godersi non tanto lo spettacolo, quello nostro, ma lo spettacolo dei suoi bambini che ridono, si emozionano, si spaventano, si eccitano, il suo sorriso e il suo sguardo sono un abbraccio bellissimo. Di ciascuno di quei bambini conosce la storia, quello che ha subito, che percorso ha fatto prima di essere inserito, ogni cosa.

DIARIO DA NAIROBI

Chiudo gli occhi su questo giorno scorrendo i fotogrammi dove i miei compagni di viaggio, una perfetta via di mezzo tra l'armata Brancaleone e gli argonauti alla ricerca del vello d'oro, affrontano e attraversano mari e tempeste con la faccia pulita dal vento, Paolo, Fabrizio, Martin, Noemi, Simona, Giovanni, AnnaChiara, Andrea ed anche Marco che rende la sua assenza una presenza doppia, in fila tenendosi per mano in equilibrio sopra un filo sottilissimo, sorretti solo dal sorriso straordinario dei bambini sperduti!


22 SETTEMBRE

Oggi ci aspetta un bel tour, tre spettacoli, due scuole, una privata ed una pubblica, poi uno dei centri di Padre Kizito dove ci sono le ragazze e le bambine, vi lascio solo immaginare da quale inferno le abbiano strappate. La prima scuola ha qualcosa di inimmaginabile, è una scuola superiore, è privata, ci immaginavamo una cosa che somigliasse ad un posto esclusivo ma l'Africa ti rivolta come un calzino e quello che ti aspetti non accade mai. Immaginate un bel pollaio di lamiera diviso in box, 5 in tutto, un gran contenitore per l'acqua nel piazzale e niente altro. Ad accoglierci nel suo ufficio, di lamiera ma rimpinzato di poltrone, non il preside ma, udite udite, il proprietario! Si, proprio il proprietario, perché qui la scuola è un business. I ragazzi pagano una retta al mese consistente, se non te la puoi permettere, il proprietario, se passi un esame di ammissione e non ti fai mai bocciare ai quadrimestri, si fa carico di parte della retta, che gli viene restituita quando, una volta diplomato, lavorerai come insegnante nella sua scuola...non fa una piega!

A pranzo prima vera crisi di astinenza da pasta, in una settimana abbiamo mangiato sempre riso e fagioli, riso e verdure cotte, polenta e fagioli o polenta e verdure cotte, e mai una volta che un bambino abbia protestato. Alle 14 siamo di nuovo sui pick up per raggiungera la prossima scuola, pubblica questa volta e blasonata, la prima scuola pubblica del Kenya. Per arrivarci ce ne vuole, dobbiamo attraversare un tratto di foresta dove la lingua rossa della strada attraversa le piste delle iene in cerca di prede. Fa sempre effetto attraversare i luoghi immaginati, le foreste, le iene, le zebre, è come camminare su un ponte sopeso, da una parte il sogno, dall'altro l'incubo e non sai mai bene dove guardare. Arriviamo, qui niente proprietari, una preside sorridente ci accoglie nell'aula dei professori, ci racconta della scuola, le foto d'epoca, la firma sul registro degli ospiti ed ecco anche qui un mare di bambini in divisa verde a far tremare l'aria, mille ma sembrano un milione, seduti in terra in un campo sul retro delle classi ad aspettarci, al primo tentativo di alzarsi basta un dito della preside e tutti giù la testa, manco fosse stata una mannaia! Alla nostra troupe si sono aggiunti due ragazzi e una ragazza che formano una compagnia di burattinai locali che usano grandi pupazzi, una sorta di muppets... bravissimi, fanno spettacoli nella loro lingua, lo swahili, e i mille bambini scoppiano in centomila risate. Quando li vedi così, con questa strordinaria sete di normalità, poter vivere, imparare, conoscere, ridere, apprezzare la vita, i sogni, le speranze, ti chiedi come è possibile che l' 1% dell'umanità tenga soggiogato tutto il resto così, senza un rimorso, un blando tentativo di cambiare, rigirare questa gran frittata della globalizzazione.

DIARIO DA NAIROBI

Passano i giorni qui in Africa e sembra scorrano come i grani del rosario nelle mani delle anziane nostre nelle chiese, che li girano e rigirano fino a consumarli. Tutto è fatto di lamiera, è l'elemento fondamentale per costruire ogni cosa, le case, le scuole, le botteghe, le chiese, tutto di lamiera ... chissà se una enorme calamita riuscisse a scoperchiare tutto e tutti lascerebbe nuda questa terra mostrando ferite e cicatrici.

Lasciamo la scuola, saluti, abbracci, strette di mano, ci aspettano alla Casa di Anita, la comunità che accoglie le ragazze salvate dalla strada. Che volti, che occhi densi e profondissimi, voragini di sofferenze dalle quali riemergono scalando rocce di anime trafitte dalla sopraffazione, una mano si è calata in quella fogna di dolore, le ha tirate su che quasi erano annegate ed ora le vedi sorridenti giocare con noi a pallavolo, a godersi i nostri numeri e le torce infuocate.

Se qui in Kenya hai un bisogno importante di denaro per un imprevisto oppure un progetto, un figlio da mantenere negli studi o altro, puoi fare un harambee, chiedere il sostegno di amici parenti o altri soggetti, che mettono soldi per farti realizzare quello che hai deciso, e non ci sono interessi e non devi restituire. Puoi comprare una capra e dividerla per chi vuole aiutarti e loro daranno soldi per ogni pezzo di carne che prenderanno, una specie di grande caffè sospeso !!


23 SETTEMBRE

Si vogliono bene i ragazzi del centro di Padre Kizito, sarà che quello che hanno passato li fa sentire insieme, i piccoli e i grandi. Sopratutto, quello che salta agli occhi è l'assenza completa di aggressività. Questa sera ne ho visto uno che si portava sulle spalle un piccoletto crollato dalla stanchezza e lo metteva a letto, e là ti prende qualcosa alla gola, ti rivedi tutte le volte che sei stato portato a letto tu o che hai portato e messo a letto i tuoi cuccioli, quel calore, quella emozione non la dimenticherai mai e loro? Loro sono là che se la scambiano quella mancanza, ne fanno un po' per uno e quando varcheranno quel cancello perché grandi per andare all'università o a lavorare, questa oasi di amore, questa zattera di bene continuerà a navigare con loro. Sono un po' frastornato da tutta questa Africa, più i giorni passano più ciò che era straordinario sta diventando ordinario, le scuole, i bambini, le strade, gli odori, i sapori, te li aspetti, stai entrando nel tessuto.

DIARIO DA NAIROBI

Questa mattina siamo usciti prestissimo e ci siamo incamminati per le grandi strade sterrate per raggiungere un punto per fare colazione e, se non fosse stato per la nostra pelle, eravamo perfettamente inseriti tra le decine di persone che abitualmente si incamminano per raggiungere la propria destinaione. Tutti camminano in Kenya , oppure prendono la mototaxi... una esperienza grandiosa, farsi trasportare per le buche e i dossi da queste moto.

È: un giorno strano, alcuni di noi stanno per lasciarci per tornare in italia. Il Gran Teatrino di Paolo Comentale di Bari con i suoi Giovanni e AnnaChiara partono e già ne sentiamo il vuoto. Quando sei fuori a vivere qualcosa di così forte gli altri diventano subito una parte di te, gli sguardi, i sorrisi, le soluzioni che trovi, che cerchi, son tutte conquiste e sai che appartengono a tutti, la scialuppa si fa più piccola e già ci si stringe, si serrano i ranghi. Il laboratorio è al suo giro di boa, tre incontri fatti, la storia da raccontare avviata, le prime scene abbozzate, è davvero affascinante vedere come quello che fai con i bambini ed i ragazzi italiani prende e funziona anche e di più con loro. Sono bravi ed anche se misti dai 7 ai 17 anni sanno stare insieme un po' come se sapessero rispettare e riconoscere gli slanci e i limiti delle diverse età. Un gruppo di loro sono già formati come veri acrobati, hanno un vero e proprio spettacolo strutturato con numeri incredibili, gli altri sono lì ad imparare a fare giocolerie ed i piccoli a provare ad iniziare ad imitarli. Questo gioco del teatro li incuriosisce molto, la storia che raccontiamo è stata scritta da Marco Renzi per loro, gli piace l'idea che prima di nascere si viva sulle nuvole in attesa di scendere sulla terra e che poi quello che trovano non sempre corrisponde ai sogni che si fanno.


24 SETTEMBRE

Oggi mattinata libera senza spettacoli ed allora si va a fare spesa al centro commerciale di Nairobi, e qui la musica cambia completamente. Per prima cosa sembra di essere arrivati in aereoporto, controlli alle macchine, cosa porti, chi c'è dentro, poi una volta parcheggiata l'auto si passano ai controlli con il metaldetector, persone e borse, l'atmosfera è cambiata completamente ed all'interno tanti volti bianchi e tanti cinesi. A proposito, sapete chi sta costruendo strade, ferrovie, gallerie? Naturalmente i cinesi, stanno facendo grandissimi investimenti, il nuovo imperialismo avanza, si ingrandisce e qui si lamentano che si portano tutto dalla Cina, anche gli operai per costruirle le autostrade. I prezzi sono quelli di casa nostra anzi di più, mi sento frastornato da questo tuffo nel mondo occidentale dopo aver lasciato braci accese, strade sfatte, fango e baracche di lamiera dietro l'ultima curva, qui dentro è tutto lucido, globalizzato, plastificato , gli odori quelli degli hamburger e dei popcorn; testardamente cerchiamo una guarnizione per la moka... niente da fare, del resto un pacco di pasta italiana costa 5 euro e un litro d'olio 20 e un pacchetto di caffe più o meno come il nostro 10 euro. Entrare qui è stato come farsi di nuovo rivestire di cellophane come si fa con le valigie in aereoporto, un mondo plastificato che salta agli occhi anche perché ora siamo fuori dal tunnel della grande civilizzazione.

Padre Kizito è un libro che non finisci mai di sfogliare, oggi ci porta a far spettacolo in un parco costruito da un indiano dove dà residenza agli artisti visivi africani con possibilità di avere i propri studi e laboratori. Poi tutti nella scuola superiore sempre fondata da lui, scuola che è collegio e sempre per ragazzi di strada riconsegnati alla vita. Oggi è un giorno speciale, per me c'è il debutto di Lucilla che sino ad ora era rimasta dietro le quinte ad aspettare buona buona il suo turno. Lucilla è sempre Lucilla, la mia pulce che mi accompagna in tutto il mondo e le basta poco per diventare una star! Risate, applausi e tante teste rasate in cui cercare di riprenderla. Si rientra stanchi ma sereni per una giornata sotto il cielo di Nairobi tra sprazzi di nubi e raggi incadescenti.

La serata sembrava finita ma il guizzo della curiosità mi fa accettare l'invito ad andare con Andrea a cercare una birra. Andrea è un po' il Lucignolo del gruppo e come un pinocchietto salgo sul carro, destinazione IL PAESE DEI BALOCCHI... ma la strada è più buia del buio e il carro sobbalza ogni momento, qualche fuoco qua e là prova ad accendere un barlume di luce ma non ci riesce inghiottito dalla notte, qualche asinello solitario in cerca di cibo rafforza la metafora di Collodi e qualche baracca aperta a vendere chissà cosa mi ricorda che la sopravvivenza non ha orari di chiusura. Ecco la strada statale, non è più un miraggio, cerchiamo un bar o qualcosa che gli somigli ed un ubriaco di alcol e di fame ci porta dentro qualcosa che somiglia più al ventre della balena che al paese dei balocchi, neon intermittenti, sbarre come denti a difendere alcol e e bevande. Una birra e via mentre dagli schermi i prati verdi dei campi di calcio mi riaccendono passioni e immagini per la piccola Nairobi di casa nostra, vulcanica e marina e un velo di nostalgia mi appanna gli occhiali... anzi no... non era nostalgia ma i fumi di una brace troppo troppo vicina.


25 SETTEMBRE

Lunedi è sempre lunedì, anche in Kenya, far ripartire la settimana costa sempre un po' di più, dalle ricche colazioni a base di salsiccette, uova sode, banane, mango e pancarrè, siamo tornati alla moka e al caffè portato da casa di mammà. Sembra di stare ora seduti sul bob in una competizione alle olimpiadi d'inverno con il seggiolino che prima di lanciarsi deve fare un po' su è giù per trovare forza ed energia, e ne dobbiamo trovare ora di risorse per portare fino in fondo una discesa così in profondità. Adattati alla perfezione con i tempi di tutti per l'uso dei bagni e delle docce, sembra davvero di essere l'equipaggio di uno scafo in viaggio da oltre 10 giorni che ha già passato bonacce e tempeste e si appresta a far rotta verso l'ultimo approdo. Alle 10 siamo pronti, armi e bagagli, inforchiamo i due pick up, si va, un'altra scuola ci attende ed un altro bagno di sorrisi, mani, polvere e risate. Infatti, non facciamo in tempo a varcare il cancello della scuola che uno sciame di bambini in perfetta divisa verde a due tonalità ci avvolge con un effetto alveare impazzito da far tremare le ginocchia.

Il rituale ormai lo abbiamo imparato, prima tutti dalla preside per il racconto della scuola e questo è davvero un racconto speciale perchè qui si trovano anche diversi bambini disabili. La preside ci spega che su circa 1800 bambini più del 60% vengono da situazioni diassoluta povertà. Lo stato garantisce le spese generali, gli insegnanti, l'ordinaria manutenzione, l'acqua e l'elettricità, a tutto il resto devono provvedere le famiglie e per chi non ce l'ha ci sono varie organizzazioni che se ne occupano.

DIARIO DA NAIROBI

Qui la marea verde è davvero impressionante e si allarga perché al di là della recinzione di rete una folla di curiosi si accalca, si fermano le macchine manco per i fuochi a mare della festa del santo patrono al mio paese. Belli che siamo nel riuscire a trovare sempre la soluzione più efficace e meno dispendiosa per le scarse possibilità organizzative di chi ci ospita: una sedia, un tavolino, il telo per Pulcinella e ...pronti, partenza e.... un mare di occhioni sembra vogliano mangiarci per tanta fame che hanno di noi e di allegra curiosità. Passato il primo attimo di stupore via, giù mani che applaudono, risate che esplodono, occhi che brillano, un fiume in piena.

Lo sguardo a casa si fa più lontano, deformato, come attraverso il fondo di un bottiglione pieno d'acqua, il mondo che lasci con il suo da fare, con la burocratica noia da assecondare, con i suoi Kafkiani castelli da attraversare, si fa lontano, ovattato, del tutto ininfluente al senso delle cose. Il mettersi in coda di continuo come l'ultimo arrivato pare sia l'unica possibilità per attraversare i corridoi dell'inutilità, eppure basterebbe un po' di borotalco a terra e far scivolare tromboni altisonanti ed ocarine starnazzanti. Siamo un po' in ritardo per il laboratorio e troviamo già la sala con i ragazzi tutti in attesa, un bel cerchio e si comincia, un gioco fatto per riscaldare i sogni e le giunture si trasforma in una scena, bella, viva, Martin e Noemi plasmano le azioni, ne fanno corpi che danzano, canti che si involano, capriole che raccontano. La giovane fisicità di Simona li trascina come il pifferaio fece ad Hamlin. Due bimbetti tra i più piccoli si addormentano sul pavimento della sala, è dalle 4.30 del mattino che son svegli a tenere sulle spalle questo mondo come due piccoli Sansone con la testa rasata ma la forza di un leone.


26 SETTEMBRE

Oggi mattinata libera e allora sveglia alle 5 e si parte per andare in uno dei luoghi più suggestivi del Kenya: il lago Neivascia, una riserva naturale incantevole, per arrivarci 2 ore di pick up salendo sino a 2500 mt per poi ridiscendere. Qui a Nairobi siamo a 1700 mt ed ogni tanto devi fare una sorsata di aria che l'ossigeno scarseggia. Arrivati ai 2500 sosta per mirare il panorama e siamo presi d'assalto da venditori di ogni cosa, parlano tutte le lingue messe insieme, un po' come Pulcinella che dove arriva arriva si fa capire.

Guardare giù il mondo che corre e il mondo che sta fermo è un po' come diventare un lillipuziano e guardare l'orizzonte seduti sulla testa di Gulliver, c'è una sorta di rassicurante distacco dalla giostra della vita protetti dal gigante. Uno dei venditori mi indica una grande
Kenya
strada che come una vena si perde giù nell'intestino del Kenya, l'hanno costruita tutta gli italiani prigionieri degli inglesi nel 1942, chissà quanti ragazzi si son rotti la schiena e la vita tra quei sassi per una guerra che non volevano combattere. Via, si riprende il viaggio ed ecco il lago, nascosto, che quando appare ti fa fare un salto per quanto è luminoso. Un' atmosfera rarefatta tra la palude e il mare morto ti avvolge e poi ... uccelli di ogni tipo e poi gli gnu e poi le zebre e poi le gazzelle e poi gli ippopotami e poi le giraffe...insomma ci mancava solo Piero Angela ed eravamo al completo! Nel tornare l'occhio mi si posa sulla vastità dei terreni coltivati, bellissimi, curati, verde, pomodori, insalate, patate; davvero l'Africa è per noi un sacco pieno di luoghi comuni da restituire ai razzisti di casa nostra!

Il laboratorio prosegue, le scene si moltiplicano, i più grandi iniziano a pensare allo spettacolo finale e chiedono maggiore concentrazione ai più piccoli. Davvero una grande famiglia e a fare da mamma e da papà si fa un po' per ciascuno.


27 SETTEMBRE

Immaginate di essere seduti su una navicella spaziale o meglio un grande ottovolante, le giostre di una volta che insieme ai calcinculo (i sediolini ruotanti) erano la nostra principale attrazione da ragazzi alle feste dei santi. Immaginate che la vostra navicella sia all'esterno, tutta dipinta nei modi più sgargianti e lussureggianti dai più bravi muralisti del tempo, immaginate che all'interno sia tutta fasciata di schermi grandi e piccoli, i vetri fumè, i sediolini vellutati, una trentina di posti a sedere. Ecco ora immaginate che dentro ci sia allestito il più potente impianto stereofonico che abbiate mai ascoltato che manco Vasco Rossi e la Palmiero Family Service se lo sarebbe potuto sognare dentro un baccello di fagiolo come quello. Immaginate le strade di Nairobi, 9 milioni di abitanti che si riversano per le strade impossibili della metropoli in direzione del centro della city. Immaginate ancora che il pilota di questa navicella è un ragazzo giovanissimo, nerissimo, con i capelli rastissimi al quale tu non affideresti nemmeno un triciclo, ed ancora immaginate che prima di salire su questa navicella avete dovuto fare una contrattazione estenuante sul prezzo da pagare, su quale navicella scegliere e dove devi scendere. Ecco se riuscite ad immaginare tutto questo allora siete pronti per partre sul più pazzesco mezzo di trasporto che metropoli, città, paese, nazione abbia mai potuto concepire ... il MATATU.

DIARIO DA NAIROBI

Quando parte il Matatu ti sembra che la vita ti abbia voluto giocare un brutto scherzo, è una partenza da Apollo 15, Soyuz 4, Fiat 124 sport doppio carburatore truccato messi insieme, che manco Niki Lauda e Gerardo, il papà del mio migliore amico autista sui mitici bus della ditta Tatta di Formia, sarebbero stati capace di domare. Parte il Matatu, parte la musica a un volume che ti brucia tutti i peli del naso e le papille gustative, partono i video, e tu ti chiedi come mai il Signore abbia voluto farti salutare la vita in un modo così eccessivo ed eccitante! Ma siamo ancora a niente perchè il meglio deve ancora venire, il viaggio è una corsa folle verso l'obiettivo finale, che tu pensi sia l'autodistruzione ma in realtà è molto di più. I MATATU godono di una legislazione stradale speciale, per loro il codice della strada è come fosse il manuale delle giovani marmotte, meno di carta straccia e tra sorpassi impossibili, sterzate cosmiche, virate contromano, buche, dossi, canalette, marciapiedi e putipù, fai il più incredibile viaggio che potessi immaginare, il tutto per 50 centesimi, durata 1 ora salvo imprevisti. A Nairobi ce ne sono centinaia, dipinti, colorati, bellissimi e kitch ed alcuni piu kitch di un ristorante allestito per il matrimonio del figlio del boss di Gomorra, altri di una bellezza da museo d'arte contemporana, sono la vera metafora della vita a Nairobi, imprevedibile, fuori da qualsiasi convenzione, mostruosa ed attraente, poverissima e lussureggiante. Dimenticavo, si viaggia naturalmente con la porta a soffietto aperta, con due o tre persone appese fuori e la fermata si prenota con un cazzotto sul tettuccio di lamiera!


28 SETTEMBRE

Kenya
Dopo l'esaltante giornata sui MATATU di ieri ci voleva una partenza soft, la scuola dove andiamo a fare spettacolo è una scuola dell'infanzia vicino al centro dove siamo ospiti, decidiamo di arrivarci fellinianamente in parata con costumi e strumenti, una surreale camminata sulla lingua rossa di terra battuta, buche e dossi che anche farla a piedi non è cosa da poco. Allora questo pugno fragile di sognatori si incammina dove nessuno li aspetta, dove le auto e i pick up viaggiano a 20 all'ora e i carretti degli asinelli trasportano acqua anche senza che nessuno li guidi. Che meraviglia poter avere la certezza di non servire proprio a nulla eppure avere la sensazione che per qualcuno sei importante proprio per questo. Un po' come le stelle di Majakóvskij, se qualcuno le accende tutte le sere vuol dire che qualcuno ne ha bisogno.
La scuola è una specie di fattoria con alcuni capanni di lamiera, solo che, siccome è una scuola per piccoli, sono tutti dipinti di azzurro, pochissimi i banchi, alle pareti qualche cartellone sul corpo umano che naturalmente riproduce il corpo di un bianco, donazione chissà di quale paese. I bambini e le bambine sono una meraviglia che nemmeno il paradiso li ha mai visti così, tutti occhi dove ci puoi navigare dentro e scoprire quanta meraviglia possa esserci in un solo bambino. Lo spettacolo è per loro come l'arrivo del luna park, una giostra di suoni, giochi, magie, colori, strani personaggi che si alternano e un burattino dalla faccia nera come loro che canta, spernacchia e combatte senza paura con la morte!!

Oggi è l'ultima prova che abbiamo con i ragazzi del corso, abbiamo da limare tante cose e siamo un po' preoccupati ma inizia la prova e come per incanto assistiamo ad una meraviglia, pronti, preparati, concentrati, con una gestione dei tempi e dello spazio straordinari e sopratutto con una sequenza di numeri acrobatici da far invidia agli acrobati del Cirque du Soleil. La sera, dopo cena, senza che nessuno glielo avesse chiesto, provavano per questo evento che per loro ha una importanza in più, ringraziare per una opportunità che hanno avuto e non vogliono deludere.

DIARIO DA NAIROBI

Ci sono due ragazzi del guppo, avranno 12/13 anni, che suonano i tamburi che a Tullio De Piscopo gli cadrebbero le bacchette dalle mani a stargli dietro e pensare da dove vengono e cosa hanno passato ti da la giusta dimensione della grandezza dell'opera di Padre Kizito. La storia è raccontata da uno di loro ma appartiene più o meno a tutti, figlio non voluto di madre sedicenne e padre idem, lasciato a sé stesso, preso in custodia da uno zio che li teneva in 15 in una stanza senza niente da mangiare, scappava per strada per trovare cibo e riparo, di notte si dorme sotto le macchine per non farsi vedere dalla polizia che picchia chi una casa non ce l'ha, poi la droga per non avere i dolori della fame e finalmente l'icontro con gli operatori dei centri di Padre Kizito che lo restituisce alla vita, la sua vita, fatta di scuola, di cibo caldo, di affetti e progetti. I più grandi, quelli che escono e vanno all'università o a lavorare non dimenticano la casa di Padre Kizito, continuano a lavorarci, a dare aiuto ai più piccoli, a dare loro l'esempio e dimostrare che ce la si può fare, ce la si DEVE fare.


29/30 SETTEMBRE

Ultimi giorni, ultimi fuochi. Egrave; davvero difficile avviarsi a chiudere un cammino così profondo, tanto profondo che se non hai ali possenti non riesci a lasciare impronte. Qui di impronte ce ne sono tante fuori e dentro, come se l'immaginario fosse fatto di argilla ed ora mano a mano che si sale sulla montagna delle esperienze fatte qui, le impronte si solidificano più velocemente e i piedi rischiano di essere intrappolati dentro, quasi a non voler uscire, a restare in una terra scavata da solchi millenari. Vorresti imprigionare dentro di te tutto come ad aver paura che il tempo faccia evaporare l'intimità di un mondo che hai abitato e che ha costruito dentro di te capanne di lamiere e strade di polvere e terra rossa. Visioni, luci, tenebre, suoni, richiami, voci, colori, rumori, odori pungenti come scalpelli, riflessi, occhi, sorrisi, lacrime, smorfie, mani, piedi, teste rasate, buche, fossi, dossi, cunette, strade battute da un popolo in cammino.

Padre Kizito, secondo me, oltre ad aver studiato presso i padri missionari comboniani nella sua Lecco, ha preso lezioni di fuochi d'artificio dalla ditta Garibaldi di Castellammare di Stabia, conosce a perfezione l'arte dello stupore perché ti fa conoscere a poco a poco la meraviglia della sua azione e lascia per ultimo i fiori luminosi più belli. Il centro di Kivuli, prima radice di Kizito in Nairobi, è un esempio di azione diretta concreta per la salvezza di centinaia di bambini abbandonati, per le famiglie in difficoltà, per quanti possono sperare di affrancarsi da un mondo che li costringe a vivere di niente. Così recita la pagina del loro sito ed è tutto vero, anche di più! Kivuli Centre è anche luogo di aggregazione e centro servizi, che mette a disposizione di tutti un dispensario medico (RHP), una biblioteca, un pozzo che vende acqua sicura a prezzi contenuti, una scuola di computer, una scuola di lingue, un campo sportivo e spazi comunitari sedi di varie associazioni di quartiere. Ci sono anche una sartoria, i laboratori artigianali dei rifugiati ruandesi e burundesi che lavorano il legno, un piccolo negozio. Kivuli non è solo un rifugio: un letto, cibo tutti i giorni, la possibilità di andare a scuola, un gruppo di amici, degli educatori che si prendono cura di te, una struttura che ti accoglie. Kivuli è anche il momento dell'accettazione del passato e dei traumi e della creazione di basi per un nuovo futuro. Un vero miracolo ma fatto dagli uomini quando decidono di dedicarsi agli altri senza interessi e con l'anima chiara.

Lo spettacolo finale del corso tenuto con i ragazzi del centro TONE LA MAJI è un esempio di come il Teatro possa essere una lancia incandescente che entra nel tessuto delle culture anche quando sono diversissime tra loro.Ci vogliono tantissima onestà, esperienza, tecnica, studio, istinto, amore e rigore. Martin Stigol, Noemi Bassani, Andrea Mariani, Simona Ripari, Fabrizio Ferracuti ne hanno portato un boeing intero e questo aereo di effimere meraviglie è stato capitanato da un vulcanico Marco Renzi che anche a distanza ha guidato, previsto, organizzato, stressato e portato a conclusione una scalata su sentieri impervi e vette irraggiungibili, ma del resto, grazie al progetto TEATRI SENZA FRONTIERE, abbiamo imparato che'"solo le montagne conoscono il cielo'.

Appuntamento al prossimo progetto di TEATRI SENZA FRONTIERE 2018 !!

© Copyright by Associazione Culturale Collettivo Bertolt Brecht
Via Gennaro Ruosi 2, 04023 Formia (LT) - Tel. e fax 0771 269054 - P.IVA 01303860595