Dal 19 Settembre al 3 Ottobre il Teatro Bertolt Brecht torna per il secondo anno consecutivo in Albania grazie al festival
I Teatri del mondo, una delle due rassegne che, insieme al
Veregra Festival, da anni si realizza nella parte sud della Regione Marche.
Da sempre queste manifestazioni, proprio per la natura del loro progetto, hanno dedicato spazio al tema dei popoli, alla ricchezza delle loro culture, alla pace, alla tolleranza, al valore della solidarietà, e dal 2015, pur mantenendo ciascuno la propria specificità, lavorano insieme ad un progetto internazionale di Teatro e Solidarietà.
Un'équipe di nove persone con compagnie provenienti da tutta l'Italia sarà per 15 giorni a Scutari (Albania) dove, in stretta collaborazione con IPSIA-ACLI (Istituto Pace Sviluppo Innovazione ACLI) e 'Dora J Pajtimit', Associazione No Profit Italo Albanese, terrà un vero e proprio festival distaccato diviso in due grandi momenti: un laboratorio teatrale con circa 30 ragazzi delle comunità ROM di Scutari che si concluderà Sabato 3 Ottobre con uno spettacolo pubblico e dieci rappresentazioni teatrali in altrettanti luoghi, sia in territorio albanese che in quello vicino kosovaro, scelti dalle Associazioni partner che operano nel contesto.
Il Teatro Bertolt Brecht è una delle compagnie coinvolte insieme a
Eventi culturali di Porto Sant'Elpidio, Andrea Marian di S. Benedetto del Tronto, il
Gran Teatrino - Casa di Pulcinella di Bari ed il
Progetto Zattera di Varese.
Gli attori porteranno lo spirito del festival ovunque sia possibile, con un messaggio di pace, di fratellanza tra i popoli e di diritto alla convivenza. Il Teatro non può risolvere i mille problemi del mondo ma può fare incontrare le genti ed abbassare i muri che le dividono e forse non è poco.
25 settembre
Eccomi di nuovo qui. Le partenze sono sempre momenti delicati, quello che lasci, quello che ti aspetti e lo è ancora di più quando torni in luoghi dove hai lasciato il cuore, l'anima e ance un pezzetto di fegato.
Quattro del mattino, come un ladrone esci di casa con il pensiero a quello che porti e a quello che hai dimenticato ma l'essenziale c'è: Pulcinella e la sua famiglia, Ottavino ed organetto, due mutande tre calzini e la macchinetta del caffè con un chilo di macinato, quello buono!! Ok si parte...
Quando atterri in Albania già lo senti nell'aria che stai dall'altra parte, il profumo dell'Oriente già si sente, il sorriso della gente, gli odori, le risa, le strade, le donne con i fazzoletti sulla testa, come quelli di tua nonna, e i carretti con i ciuchini ma anche i palazzi, i negozi, il wi-fi ovunque e i tanti ragazzi.
Il pulmino è pronto. Siamo al Centro Don Bosco di Scutari. Tantissimi ragazzi e bambini, è un godimento sentirli ridere, partecipare, urlare, essere parte integrante dello spettacolo, siamo lì per loro e questo li fa sentire importanti.
Tornare e ritrovare lo stesso senso, la stessa energia, la stessa forza del sorriso del teatro, davvero mi sento fortunato a poter vivere tutto questo.
26 settembre
Oggi si parte per il Kosovo dove ci aspettano due giorni di spettacoli in strada. Il sabato e la domenica per i nostri bambini Rom sono giorni di lavoro: le elemosina sulle scale delle chiese e delle moschee sono compito loro.
Un giorno da migranti. Viaggio tra montagne sgretolate per far posto ad un'autostrada poco frequentata, verso la frontiera tra canti, barzellette e qualche sonnellino. Arrivo brusco alla dogana, passare non è facile e la sensazione della privazione della circolazione libera comincia a farsi spazio nella memoria, quando l'Europa era piena di confini rigidi e invalicabili.. ed è impossibile sentire l'insopportabile senso di oppressione che ti sale, la privazione della libera circolazione e ti senti terribilmente complice con i tanti migranti che per motivi ben più drammatici dei nostri sono costretti a cercare un posto dove stare al di là di una linea tracciata sulla terra.
Comunque passiamo lasciando uno di noi dall'altra parte, sensazione non bella ma in Kosovo ci aspettavano già e non potevamo deluderli.
Lungo il fiume bella la moschea al di là del ponte che unisce le due rive, un paese non paese il Kosovo. Un fazzoletto di terra conteso tra serbi e albanesi, riconosciuto non da tutti, come moneta l'euro pur non essendo parte della comunità, una di quelle strane alchimie della politica dei palazzi e non della gente. È, ora allestiamo in fretta le nostre cose, basta un giro di bassi d'organetto e si fa subito folla: tanti bambini belli mischiati tra loro, rom senza scarpe e mani sporche, bimbe bionde e gonnellina, giovanotti, padri, madri, nonne con fazzoletti sui capelli. È cerchio grande.
Delle giornate di festa: con torce la strada si accende, mille sorrisi e per un'ora sono tutti uguali, Pulcinella è un mattatore, conquista tutti, festa grande anche per lui, corre, ride, piange, prende e mena botte proprio come un piccolo Rom... senza scarpe e col cervello fino!!!
27 settembre
La domenica si ferma tutto tranne i nostri bambini... I muezzin scandiscono il passare delle ore dall'alto deo minareti. Le famiglie escono e i nostri bimbi cominciano presto la giornata, muniti di tamburo scorrazzano per ore per la città in cerca di elemosine. La giornata è grigia, il lago è una tavola infinita e l'odore del pesce arrostito invade le strade. Anche loro, le carpe, non se la passano bene la domenica: tutti in riva al lago a pescare e cucinare carpe dorate. Le bettole sono piene di gente, insalata e pesce arrosto, vino, birra fin dalle 11.00 del mattino. Inforco una bici e sono tra i campi, passo in quello dove vivono i rom di origine egiziana millenaria: le loro baracche sono simili a favelas di mattoni e spazzatura. I ragazzi impiccano un pupazzo, tutti intorno ridono e gridano sul tetto approssimativo di una casa. Cani per strada che scorrazzano magri più magri di un cane magro. Il ponte che collega il lago alla città è fatto di assi di legno consumate e bucate, il lago è davvero gigantesco, sembra un mare fermo, isole di canne che camminano da sole, sembra di essere un un quadro fiammingo. Visita al teatro comunale inaugurato nel '58: un custode magnifico si mette in costume per farci da guida, è felice che siamo lì ad onorare il suo teatro, è solo il custode ma quella è la sua casa, la sua vita.
Velluti polverosi, fari che farebbero gola solo al nostro Peppe Palmiero come reperto archeologico ma ne parla come fossero nuovi di zecca. Domani sveglia presto, si comincia alle 7 con il giro del pulmino tra i campi rom, vediamo cosa succede.
28 settembre
C'è qualcosa che non quadra in tutta questa storia: noi qui che cosa ci siamo venuti a fare? No perché la domanda sorge spontanea. Siamo al secondo anno di una esperienza che si sta rivelando davvero importante nei risultati e nei risvolti sociali potenzialmente rilevanti. Un gruppo di una trentina di bambini e ragazzi Rom, completamente abbandonati a loro stessi, sceglie per il secondo anno consecutivo di fare un laboratorio di teatro per 20 giorni mettendosi in qualche caso contro le famiglie che vorrebbero mandarli a lavorare, alle elemosina tutti i giorni, e non si riesce ad innescare un meccanismo di continuità che riesca a garantirgli la creazione di una compagnia stabile che attraverso il teatro li affranchi da una condizione disastrosa. Per capirci, oggi Mariana di 8/9anni, non di più, non è venuta al laboratorio perché con in braccio il fratellino di 4 mesi doveva scegliersi il posto dove chiedere l'elemosina per tutto il giorno, e Mariana, capelli neri come il petrolio, occhi verdi come un bosco di faggi, potrebbe aspirare a fare la modella in un altro contesto di pari opportunità oppure Berty di 11 anni che ci chiede se domani possiamo andare prima a prenderlo perché alle 7.00 il padre lo manda a lavorare a raccogliere il ferro per la strada.
Qui in Albania tutto sembra mischiarsi, tutto appare normale, senza grandi tensioni almeno apparenti, benessere e malessere, povertà e ricchezza, fame e sazietà convivono gomito a gomito, gli uni vicinissimi agli altri tanto da sembrare gli uni lo specchio degli altri.
Comunque una cosa è certa: per noi il cibo costa poco e niente, con 3/5 euro si mangia da scoppiare al ristorante, insalate e zuppe orientali, salsicce e carne con yogurt all'aglio. La mancanza della pasta comincia a farsi sentire ma tutto è buono. Ci guardano molto gli Albanesi, si ispirano a noi, vorrebbero essere come noi. Capito in un locale a guardare Napoli - Juventus, convinto di trovarmi a casa mia, perdo il controllo ed inizio un tifo esagerato. Mi basta poco per rendermi conto di trovarmi in un covo di juventini agguerritissimi ma l'altra sera il Napoli mi ha fatto un grande regalo: 2 a 1 alla signora e chi se lo scorda più! Oggi tutti i rom intonano 'O surdato 'nnammurato!
29 settembre
Forse ho capito che ci sto a fare qui. Oggi i ragazzi Rom mi sono passati sopra come un trattore fa con un campo da arare, come un mattarello fa su una pasta sfoglia, come un tir su una lattina di birra. Sarà stata la notte difficile, sarà stata l'aria di settembre che incalza o le liti tra baracche che si trascinano dietro ma oggi erano 30 pitbull in 10 mq: piccoli focolai di risse ogni cinque minuti, non gli sta bene nulla questa mattina, tutto storto, tutto va bene per prendersela con qualcun altro. Poi qui è un mondo alla rovescia: per dire SI fanno di no con la testa e dicono Po, per dire no fanno di si e non dicono no...si..no..Ni ..bho. .un delirio. Bisogna placarli, ad un tratto mi scappa un urlo, deve essere stato davvero disumano perché si siedono e si calmano. Ok, allora cominciamo. La sfida a braccio di ferro conclude una mattinata cominciata malissimo, li riaccompagno ai campi, altro che campi, quelli sono accampamenti apache, la fabbrica del riciclaggio. I rifiuti si trasformano in tutto: pareti, tetti, finestre, latrine, culle, tutto inutile ed essenziale. Li accompagnamo e qui ti si stringe il cuore. Graziano, 14 anni, buono come un caffè buono ci sorride quando scende ma come si avvia verso l'interno del campo si fa scuro, si gira un attimo, domani sono qui ad aspettarvi. Ecco lo so perché sono qui, per Graziano che per tre ore torna a quella vita giovane che qualcuno gli ha rubato, per Archer che cammina tutto il tempo a schiena curva come un ragno che quando sente l'applauso dei compagni si commuove. Mi trovo qui perché quando mi rotolo con loro in terra o sopra gli assi sgangherati gli assomiglio, torno come loro, per mille altre ragioni che mi stringono il petto, mi tolgono il fiato. Domani andiamo da loro nei campi a fare festa, si lo so perché sono qui ai campi apache dei bimbi Rom!!!
30 settembre
Se ieri mi son passati con un tir oggi sono io che sono sceso in campo come un toro nell'arena consapevole di dover soccombere ma pronto a vendere cara la pelle. Problemi seri al campo questa mattina. Ieri la polizia è entrata nel campo, ha arrestato qualcuno, gli adulti sono in subbuglio, ci sono gli operatori di Save The Children che seguono altri progetti che sono bloccati, non gli permettono di entrare, si avvicina il capo del campo e fa: 'Loro si, entrano, sono nostri!!'.
Prendiamo i ragazzi, oggi c'è anche Mariana a patto che prendiamo anche la sorellina. Oggi non si scherza, siamo alla penultima prova, non sono ammesse risse ma i ragazzi sono in stato di grazia, sembrano piccoli professionisti, tutti attenti seguono le indicazioni, qualcuno ogni tanto tira un pugno, qualcun'altra deve arrampicarsi sull'albero e qualche altro ancora uno sgambetto lo deve stendere ma tutto sommato ci siamo. La prova finisce, Suor Francesca ha preparato pane e marmellata e così sia.
Il pranzo è cosa fissa, riso con carne e verdure ala griglia, per mangiare pochi euro, da 3 a 5 massimo. Oggi doppio spettacolo: alle 17 per le case famiglia nel teatro della cattedrale e alle 19 si va al campo Rom. È festa grande, all'arrivo a inizio campo ci aspetta il loro capo, una specie di sindaco. Ci aspetta fiero e ci fa cenno di entrare, compare un ciurma urlante di bambini che ci aspettano, ci scortano fino allo slargo principale, una specie di piazza. Bambini scalzi e figli di nanna si confondono, il buio si fa presente, apro l'organetto e si accendono tutti, partono danze, canti. Prima che arrivi il freddo Andrea prende le torce per farle girare. 'Salsicce, birra, vino, fiaccole danzanti sul dorso della chiesa dondolanti...': la canzone di Capossela è profetica, più diventa notte e si fa buio più il campo, i suoi abitanti, noi ci accendiamo, prendiamo le sembianze di satiri che danzano. Sembra di stare davvero attorno al fuoco in un campo apache in una danza sfrenata e rituale: volti di uomini, donne, bambini, noi, loro, tutto si confonde, si mischia in un unico bisogno che unisce tutti: sentirsi insieme vivi!! E un lungo interminabile brivido di felicità mi percorre la schiena come un fulmine che squarcia la notte e di improvviso illumina il buio delle nostre confuse esistenze. Il campo ora davvero sembra un altro, lo squallore, il fango, la sporcizia magicamente, come nelle favole, diventano saloni dorati e feste danzanti, cristalli e sete preziose...
Per lasciare impronte ho bisogno di volare. ..
1 ottobre
Ohlze è il più piccolo di tutti. Ohlze è il più veloce di tutti, Ohlze è il più furbo e intelligente di tutti, Ohlze ha cinque fratelli più grandi e forti di tutti, Ohlze si piega indietro con la schiena che sembra un ragno e ci cammina per ore, Ohlze ha gli occhi di tutti i colori, verdi, neri, blu, marroni, Ohlze mi ha scelto come suo albero: mi sale come uno scoiattolo sulle spalle, si alza in piedi e da lì finalmente il mondo gli sembra più piccolo e accessibile, meno gigantesco. Quando si picchiano tra loro non sono mai cattivi, quella è una pratica necessaria a stabilire gerarchie e rapporti di forza.
Hindri, invece, è il cattivo, ha lo sguardo cattivo, la faccia cattiva, fa tutto per essere cattivo, fa finta che gli interessi e poi ti frega, punta dritto allo stomaco quando parte il suo pugno e sceglie i piccoli, quelli che può terrorizzare, quando meno te lo aspetti e fa piangere.Hindri poi sfida quelli grandi che invece hanno voglia di imparare, sembra non ci sia nulla da fare, dare, dire per agganciarlo al lavoro. Con sgradite urla messo fuori, seduto a guardare,
cacciato, rimproverato. Niente, Hindri è un irriducibile, già te lo immagini con il coltello tra denti ma oggi ad un tratto invece di accoglierlo già cazziandolo sorrido e lo abbraccio... a forte... iù forte e Hindri non scappa come al solito, non mi tira il solito calcio, non mi sputa per farmi imbestialire.Hindri quell'abbraccio se lo prende tutto, se lo beve, se lo divora e si scioglie come un ghiacciolo. Non dura molto, tempo dieci minuti e tutto è come prima, calci, pugni, sputi ma quando mi avvicino per placarlo quello sguardo impenetrabile è cambiato e mi accenna pure l'ombra di un sorriso. Ultima prova, ultimo giro, ultima corsa e non puoi fare a meno di pensare a Martin, Noemi, Bes, Andrea, gli attori di questa impresa che per quindici giorni hanno preso, pianto, sognato, creato, scolpito lacrime e sangue con questi bambini sperduti, rinnegati, scacciati, reclusi nei campi di fango e lamiere ma che ci hanno, a forza di graffi, pugni e sputi, ricordato il profumo irresistibile della libertà, la loro senza confini e senza gloria, senza padroni e senza orari, quella dei piedi scalzi e mani zozze, quella che quando riesce a diventare sogno fonda città e libera popoli, scala montagne e attraversa deserti. Ora questo fa paura ed è per questo che la mandiamo indietro o la chiudiamo ben nascosta nei campi di fango e lamiere.
2 ottobre
Piango, piango a lungo di quel pianto inaspettato, di quando arriva e non puoi fermarlo, non ce la fai, non servono a nulla i tuoi anni, le tue esperienze, le favelas e le fogne, le carceri e gli orfanotrofi. Quando Ohlze arriva di corsa nel teatro dove li aspetti e invece di arrampicarsi ti stringe in un abbraccio che non finisce più, che è amore puro, vero, diretto, senza senza se e senza ma, senza perché e senza come.
Se un giorno incontro Dio glielo chiedo, glielo chiedo perché i bambini non li ha fatti tutti uguali, tutti con una casa, un po' di giochi, una scuola e un ospedale. Si, va bene, son loro che passano per la cruna di un ago, son loro quelli poveri e maltrattati che andranno in paradiso ma Ohlze il paradiso se lo merita a prescindere. E poi non vale, all'inferno già ci sta. Un po' come per noi, per dirla con Calvino, anche l'inferno non è per tutti uguale.
Nel salotto buono del teatro fa ancora più impressione la loro capacità innata di leggere i contesti, di comprendere dove sono e con chi sono, la sopravvivenza glielo ha insegnato. Ieri sembravano quasi dei collegiali, tutti seduti compiti ad aspettare il loro turno ma quando al girotondo iniziale ad uno ad uno hanno cominciato a piangere senza suono, solo le loro lacrime che ci guardavano, fieri, piccoli guerrieri, che piangevano, beh si, se un giorno incontro Dio glielo chiedo perché i bambini non li ha fatti tutti uguali.
Chiudo qui questo diario, non c'è altro da aggiungere: per lasciare impronte c'è bisogno di volare.